Ben ritrovati su Corrado Firera’s Magazine? Oggi si parlerà della caffeina e di quanta caffeina in un caffè viene consigliata da medici ed esperti del settore.
Determinate abitudini fanno parte, direttamente o indirettamente, della propria routine quotidiana. Dai pasti prestabiliti alle necessità fisiologiche primarie, l’elenco in tal senso appare piuttosto vasto. Tuttavia, svolgerle in modo automatico conduce, spesso e volentieri, a non prendere in considerazione determinati fattori per la propria salute. Nel caso della caffeina, per esempio, sono molteplici gli aspetti che incidono sull’organismo. Positivi o negativi che siano, vanno approfonditi con una certa attenzione al fine di scongiurare pericolose conseguenze. Una precauzione ad ampio raggio che, a lungo andare, può rafforzare il proprio benessere psico-fisico e che non deve trascurare neanche un dettaglio apparentemente marginale come i mg di caffeina in un caffè.
Caffeina in un caffè: pro e contro di un rito italiano
Una prassi italiana come quella del caffè può influenzare positivamente o negativamente la salute di qualsivoglia individuo. Essendo uno stimolante naturale per eccellenza, la caffeina (contenuta anche in altri cibi e bevande di largo consumo) è tristemente nota per i suoi effettivi nocivi derivanti da un’assunzione che supera il limite giornaliero consigliato. Un principio attivo con dei lati oscuri capaci di causare disturbi del sonno, tachicardia e ansia; campanelli d’allarme non indifferenti da attenuare il prima possibile. Ad ogni modo, numerosi studi affermano l’esistenza di proprietà benevole che condizionano, con vivacità, il proprio atteggiamento verso la vita di tutti i giorni.
Cos’è e come funziona
Come accennato poc’anzi, la caffeina è uno stimolante naturale presente nelle piante di cacao, caffè e tè. Ma come funziona, di preciso? Ebbene, le sue peculiarità stimolano il cervello e il sistema nervoso centrale aiutando a rimanere concentrati e a combattere i tipici sintomi della stanchezza. Nelle bevande analcoliche e nel caffè al ginseng, la caffeina è presente quantitativi prestabiliti che poi, a seconda dei periodi, sono stati modificati. Le prime, infatti, giunsero sul mercato alla fine del 1800; successivamente, seguirono le bevande energetiche, come la Red Bull. Al giorno d’oggi, l’80% della popolazione mondiale consuma ogni giorno prodotti del genere. Ma la dose giornaliera suggerita in una dieta efficace è di 300 mg, ossia 3 tazzine di espresso o 6 tazze di tè.
Caffeina: effetti sull’organismo
Una volta consumata, la caffeina viene assorbita dall’intestino entrando, poi, nel flusso sanguigno: il tutto avviene nel giro di 20 minuti. Entro un’ora si avvertono i primi effetti benefici; viceversa, se si è intolleranti, potrebbero verificarsi i primi disturbi organici. Dopodiché, viene trasferita al fegato e scomposta affinché possa propagarsi. L’effetto principale si riscontra sul cervello poiché blocca l’adenosina, un neurotrasmettitore che rilassa l’apparato cerebrale facendo sentire stanchi. Quindi, la caffeina aiuta rimanere vigili contrastando i livelli di adenosina che si accumulano durante il giorno. Un rimedio concreto quando si lavora per più ore ed è richiesto un livello di attenzione sopra la media.
Adrenalina in ascesa
Un elemento trasversale, che però può aumentare persino i livelli di adrenalina nel sangue ed incrementare l’attività cerebrale dei neuro trasmettitori norepinefrina e dopamina. Una combinazione a tratti esplosiva, il cui esito scatena uno stato di concentrazione, vigilanza ed eccitazione notevole. Non è, difatti, un mistero, che la caffeina venga spessa definita come una droga psicoattiva. Gli stati di “alterazione” citati conducono a tale conclusione e devono mettere in guardia chiunque ecceda senza un minimo di amor proprio.
Alimenti e bevande che contengono caffeina
Ci sono molteplici cibi e bevande che hanno, tra i propri ingredienti, la caffeina. In un caffè espresso, la quantità oscilla tra 240 e i 720 mg; in un caffè dalla qualità standard, invece, si va dai 102 ai 200 mg. Lo Yerba mate – un infuso preparato con le foglie verdi o tostate di un agrifoglio sempreverde – ne contiene dai 65 ai 130 mg. Una soglia vicina a quelle delle bevande energetiche (50-160 mg) e del tè (40-120 mg); mentre il caffè decaffeinato e la cioccolata calda vantano, rispettivamente, una fascia tra 3 e i 12 mg e i 2 e i 7 mg. Per quanto riguarda gli alimenti, una porzione di 30 grammi di cioccolato al latte ne prevede 1-15 mg. Il cioccolato fondente qual cosina in più, con un range che va dai 5 ai 35 mg.
Una concentrazione che cambia in base alla preparazione del caffè
L’effetto della caffeina (e il relativo quantitativo) dipende dalla preparazione del caffè. Un aspetto che, a primo acchito, potrebbe risultare ininfluente. E invece il modo in cui si prepara il caffè e la qualità della materia prima impiegata ne determinano la concentrazione finale. In poche parole: è inferiore nel solubile; di livello intermedio nell’espresso; elevato nella moka e nel caffè non filtrato. Perciò, un occhio di riguardo agli elementi trattati non guasta; anzi, può rivelarsi un’iniziativa vitale per il proprio fisico con risultati positivi sia nel breve che nel lungo periodo.
I benefici della caffeina
Se assunta rispettando le dosi giornaliere e raccomandate, la caffeina conduce ai seguenti benefici: migliora l’umore e la funzione cerebrale; blocca l’adenosina e i relativi gradi di stanchezza; stimola le funzioni cerebrali; migliora la concentrazione e i tempi di reazione; riduce il rischio di malattie organiche quali il Parkinson e l’Alzheimer; aumenta il metabolismo e brucia i grassi; implementa l’attività psicomotoria. Quest’ultimo parametro risulta centrale per chi svolge esercizi fisici, agonistici o amatoriali, poiché un incremento della resistenza instrada verso traguardi ed obiettivi insperati. Una prospettiva stimolante per raggiungere risultati personali degni di nota.
Gli effetti negativi
Il rovescio della medaglia del discorso condotto sino ad ora spinge ad avere un atteggiamento coscienzioso, in qualunque circostanza. Assumere caffeina a digiuno può causare bruciori, acidità di stomaco, reflusso gastroesofageo, ed esofagite. Inoltre, può scatenare ansia, tachicardia, ipertensione e aritmie. L’effetto ansiogeno provoca, poi, tremori, insonnia, irritabilità e vampate di calore. Se si ha già qualche scompenso che potrebbe essere acuito da sintomi del genere, è preferibile evitare consumi di bevande ed alimenti che potrebbero accentuare pericolosamente il tutto. A tal proposito, non bisogna bere caffè in presenza delle seguenti condizioni fisiche o patologiche: dispepsia, ulcera peptica, malattia da reflusso, ipercolesterolemia, cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa, aritmie cardiache, mastopatia fibrocistica e gravidanza (non superando il quantitativo di due tazzine al giorno).
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CF’s Magazine, La Redazione
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